Scoperte nel nuovo millennio

Innumerevoli sono le scoperte che vengono effettuate nelle acque antistanti le coste italiane, nei fiumi e laghi; non mancano neanche i ritrovamenti di interesse “subacqueo” sulla terraferma. Ecco una breve carrellata, logicamente non esaustiva.

A Napoli, durante i recenti scavi della metropolitana è emerso il porto dell’antica Neapolis, insieme a ad una nave della stessa epoca. Il livello venuto alla luce in piazza Municipio risale al II secolo dopo Cristo: l’area – lo scavo della stazione – e’ una zona fangosa dove si scorge il profilo della antica barca affondata. Tutt’intorno si riconoscono i piloni di legno, probabilmente con uso d’approdo, perfettamente conservati come il fasciame della barca.

La buona conservazione dei reperti è dovuta alla fatto che il fango ha permesso tale situazione. Il ritrovamento delle ceramiche, cocci e e vasellame, nonche’ anfore perfettamente conservate e con ancora i tappi di sughero a chiusura, rendono ancora più “ricco” il ritrovamento.

Un deposito di anfore romane è stato rinvenuto a BAGNARIA ARSA (UD) nel 2003. Le anfore, databili tra il secondo ed il primo secolo avanti Cristo, originariamente erano state utilizzate per contenervi il vino, ma successivamente erano state recuperate per scopi idrogeologici, come ha dimostrato lo scavo.

Sempre nel 2003, ma in ambiente lacustre,nello specifico nel Lago di Garda, sono stati rinvenuti due relitti, uno a Brenzone, l’altro a Malcesine. Quest’ultimo, un grande barcone da trasporto della prima metà dell’ottocento, si presenta in linea di navigazione parallelo alla costa Il relitto di Brenzone, scoperto da un robot subacqueo, è una nave dei primi del novecento, con scafo di ferro, lungo circa 18 metri, posizionato a circa 100 metri di profondità.

Continuiamo questo excursus passando in Sicilia, dove nei pressi di Trapani nel 1999 è stata rinvenuta una nave romana con parte del carico: il relitto di Marausa.

Nel sedimento, e sul fondale circostante, in associazione con i resti dell’imbarcazione, si trovavano sparsi numerosi frammenti di anfore. Si trattava, chiaramente, dei resti di una grossa nave di epoca romana naufragata nei pressi della costa di quello che è oggi il lido di Marausa.

Il fondale su cui si adagiano i resti è roccioso, sabbioso, con piante di posidonia, una delle quali ha nascosto e protetto per sedici secoli il relitto ed il suo carico, in non più di 2 m. di acqua, su un rilievo costituito da sedimenti trattenuti dall’intrico della vegetazione.

Ad un primo esame effettuato dai tecnici, lo spessore dell’accumulo di elementi organici e sedimenti ben si accorda con il periodo intercorso tra il naufragio dell’imbarcazione e oggi.

Del relitto rimane una notevole porzione dello scafo ligneo, di cui appariva una struttura a doppio fasciame con interposte ordinate, la cui sezione è di 15 cm. Grazie ad alcuni varchi nella copertura vegetale si intravedeva un accumulo di frammenti anforacei appartenenti al carico.

E’ stato effettuato un primo intervento di scavo per chiarire l’esatta consistenza del relitto, le sue caratteristiche crono-tipologiche ed il suo stato di conservazione, e per effettuare un’attenta analisi dei dati.

L’intervento permise di recuperare tutti i dati necessari per progettare l’intervento di recupero e restauro del relitto e del suo carico.

Dai dati recuperati si può dire che l’imbarcazione era una grossa nave oneraria romana, naufragata tra la seconda metà del III e gli inizi del IV sec. d.C. Data la vicinanza alla costa, il carico dovette essere recuperato poco dopo il naufragio. Le anfore recuperate in precedenza dagli scopritori del sito si trovavano sparse nei pressi del relitto e potrebbero essere state sbalzate fuori all’atto del naufragio e per questo non rinvenute nel recupero del carico da parte degli “urinatores” dell’epoca.

Le cause del naufragio sono da individuare nella difficoltà di manovra dell’imbarcazione che, avvicinatasi pericolosamente alla cosa, dovette arenarsi nel corso di una tempesta. Più difficile è intuire perché la nave si trovasse in quel luogo.

Le famose navi su terraferma di Pisa, invece, continuano a destare sorprese. Dalle prime scoperte avvenute nel 1998, lo scavo della stazione ferroviaria di Pisa-S.Rossore, che ha portato alla luce i resti dell’antico porto romano di Pisa, continua ad incrementare la quantità di rinvenimenti; il numero delle navi, infatti, è salito fino a 20/21.

Le reti di pescatori toscani hanno permesso la scoperta di un relitto di nave romana in località Marciana Marina (Elba – Livorno) nel giugno 2002. Si tratta dunque di un relitto di un’antica nave romana affondata 2000 anni fa con il suo carico di 9 dolia, grandi contenitori in ceramica alti 2 metri con una circonferenza di 5 metri che servivano per trasportare merci.

A poca distanza dall’isola Gallinaria (Liguria), nelle acque dove il Lamboglia sperimentò le prime tecniche per la futura archeologia subacquea, nel luglio 2003 è stato scoperto dai Carabinieri del Centro subacqueo di Genova Voltri, il relitto di una nave oneraria di età romana (probabilmente risalente I sec. a.C), a 50 metri di profondità. Sul fondo sono state trovate molte anfore ed altro carico in buonissimo stato di conservazione.