Rotte e strumentazione

Tracciare le rotte che potevano essere percorse dai ”naviganti” dell’antichità è un modo per studiare e verificare lo stato di permeabilità che ha sempre contraddistinto il passato, in contrapposizione all’immaginario comune che ha sempre considerato i popoli antichi statici. L’archeologia subacquea non può prescindere da questo settore degli studi.

In questo breve contributo si analizzeranno le rotte medievali.
La fitta rete di commerci esistenti ha creato nelle varie epoche soluzioni di tragitti ottimali, senza i quali non si sarebbe radicata e diffusa la cosiddetta civiltà mediterranea.

Gli antichi navigatori romani ebbero il merito di raffigurare graficamente i contorni delle terre conosciute, segnalando così rotte e tragitti. Questi documenti, insieme ai Mappa mundi, vere e proprie raffigurazioni enciclopediche che si rifacevano ai primi modelli dell’era cristiana, rappresentarono l’unica fonte documentativa alla quale si rifacevano i navigatori medievali, ma le informazioni geografiche erano assai limitate. La tradizione orale e l’arte della navigazione sembrava ancora tramandarsi di padre in figlio.

Prima dell’invenzione della bussola la navigazione di cabotaggio, o sotto costa, era senz’altro quella più utilizzata; ma non tutte le destinazioni erano raggiungibili seguendo i litorali e si doveva necessariamente affrontare il mare aperto. In questo caso i capitani di vascello si affidavano al cielo e alle correnti. Era loro ben noto, infatti, che la corrente principale del Mediterraneo arriva da ovest, dallo stretto di Gibilterra; essa percorre le coste dell’Africa settentrionale e a questo punto si dirama verso la costa occidentale dell’Italia e verso il Libano e la Turchia. Per ridurre i giorni di navigazione, soprattutto per le rotte verso l’Oriente, esse venivano tracciate in base alla direzione della corrente, contemplando necessariamente scali tecnici presso alcuni importanti centri di raccolta e di smercio intermedi, quali Alessandria d’Egitto, Calicut o Malacca. Grande doveva essere l’abilità dei capitali oltre alla loro fortuna.

bussola antica, conservata al Museo Navale di Genova-Pegli


bussola antica, conservata al Museo Navale di Genova-Pegli

Il problema dell’orientamento, fu risolto dall’introduzione della bussola. Inventata dai Cinesi, fu portata in Occidente dagli Arabi e diffusa dagli Amalfitani; questo strumento permetteva una precisione estrema nel tracciare le rotte. A bordo delle navi europee divenne di uso corrente intorno al 1300. Costituita da una piccola scatola con all’interno un ago calamitato libero di muoversi e posto nel mezzo di una rosa dei venti, questo strumento indicava quasi miracolosamente sempre il Nord e permetteva di conoscere in ogni momento la propria posizione. 
Solo più tardi i naviganti poterono utilizzare anche l’astrolabio, uno strumento già noto ai Greci, ma che gli Arabi perfezionarono e diffusero nel Mediterraneo sul finire del Medioevo. 
Fu, però, l’espandersi dei commerci e le nuove esigenze di navigazione in alto mare la causa accademicamente accreditata dello sviluppo di una scuola cartografica occidentale.

Come evidenziato in precedenza le fonti in possesso dei navigatori medievali erano quelle derivate dai Mappa mundi, che si rifacevano ad un modello unico ovvero, l’oceano racchiudeva in un cerchio le terre emerse ed era diviso in tre settori, tra cui anche il Mediterraneo. Nel centro era posta Gerusalemme e ai confini il Paradiso terrestre.
Logicamente i riferimenti geografici erano scarsi e per questo motivo che nacquero parallelamente i portolani, delle guide con tanto di distanze, direzioni e descrizioni delle coste, e le carte nautiche, per soddisfare le esigenze della nuova era.

Anche in questo settore, la scarsità delle fonti ha provocato più di un malinteso.
Se da un lato risulta carente la situazione delle rotte e navigazione tardo-antica alto-medievale per quanto riguarda le fonti occidentali, gli autori arabi ci restituiscono un quadro particolarmente dettagliato di rotte di cabotaggio e di rotte di alto mare.
Il tragitto che unisce Salerno, Amalfi, Gaeta fino a Tortosa e da lì fino ad Otranto fino a raggiungere le coste orientali della Grecia è ampiamente descritto, esattamente come tutta la navigazione di cabotaggio del Peloponneso e la rotta costiera fino a Costantinopoli.

Gli ebrei detti Radaniti erano soliti imbarcarsi nei porti mediterranei della Francia per raggiungere così l’Oriente e commerciare con India e Cina.
Tra le rotte di alto mare, sempre descritta dagli Arabi è da segnalare quella che univa le coste orientali della Tunisia a Genova, solcando le acque della Sicilia, Sardegna e Corsica.
Con l’avvento delle repubbliche marinare la situazione tende a cambiare, essendo l’occidente direttamente coinvolto nella gestione delle rotte commerciali, la documentazione pervenutaci risulta essere più cospicua.

Le rotte principali sembrano essere quelle da e per l’Oriente, rappresentando quest’ultimo un nuovo ed entusiasmante mercato; le più rinomate e battute risultavano essere:

  1. La via della seta, ovvero il percorso che collegava l’Occidente e la Cina;
  2. Da Oriente a Costantinopoli: le merci di provenienza orientale, passando attraverso il Golfo Persico e il Mar nero, giungevano a Costantinopoli;
  3. Mar Rosso: dall’India e da altre zone dell’oriente le merci risalivano il Mar Rosso fino a Gidda. Da qui, sui dorsi dei cammelli, i prodotti venivano trasferiti fino a Suez e a Damasco.

Situazione diversa risultava essere quella inerente alle rotte fluviali e al mare del Nord, dove il dominio era ad appannaggio dei leggendari Vichinghi.